Per un giornalismo migliore: basta con le telenovele Per un giornalismo migliore: basta con le telenovele

da 13 Mag 2012News

Ezequiel Lavezzi non ha mai detto di voler andare via da Napoli, non ha mai pranzato né conosciuto il presidente dell’Inter Massimo Moratti”: Queste le dichiarazioni  del procuratore del Pocho, Alejandro Mazzoni,  rilasciate giovedì nel corso della trasmissione “Si Gonfia le Rete”. Due giorni non sono bastati per fare terminare la formulazione di teoremi impostati su delle ipotesi forse non supportate da validi e reali informazioni.

All’inizio della scorsa stagione molti media sfidarono un opinione pubblica scettica sulle loro affermazioni riguardanti la partenza dalla città partenopea di Walter Mazzarri e Marek Hamsik. Non contenti dell’esito finale del calciomercato, che vedeva l’allenatore ed il calciatore slovacco restare all’ombra del Vesuvio, rilanciarono le loro infondate supposizioni con l’affermazione. “Vedrete  a gennaio quando Hamsik dirà a De Laurentiis di voler andare via da Napoli” Pur sconfitti e reiteratamente perdenti, alcuni media, si ripropongono con la telenovela Lavezzi.

Non sono nei pensieri del Pocho e non posso affermare se indosserà la casacca azzurra anche nella prossima stagione ma, “non vendendo fumo”, mi limito a ricordare, brevemente, la storia del vero giornalismo:

Nel corso del tempo, e in particolare nella seconda metà del XX secolo, il giornalismo – e con esso la libertà di stampa- è stato al centro di importanti battaglie: il presupposto di partenza era – e tale viene ritenuto ancora – che una editoria libera da ogni condizionamento possa garantire una società e un convivere civile migliori. Editoria libera, libertà di stampa? E’ possibile, oggi, riferire che queste battaglie possono aver dato al giornalismo in genere e quello sportivo in particolare i valori a cui si sono riferiti coloro che avevano intrapreso lodevoli iniziative al servizio di una informazione libera e corretta?.

“Qualificata e caratterizzata da obiettività, imparzialità, completezza correttezza dal rispetto della dignità umana, dell’ordine pubblico, del buon costume e del tempo libero sviluppo psichico e morale dei minori nonchè dal pluralismo delle fonti cui i giornalisti attingono conoscenze e notizie in modo tale che il cittadino possa essere messo in condizione di compiere le sue valutazioni, avendo presenti punti di vista differenti e orientamenti culturali contrastanti” Questo contenuto fondamentale per le professione di giornalista è riportato nella sentenza 112/1993 della Corte Costituzionale.

Si potrebbe analizzare, punto per punto, il contenuto della sentenza e verificare se lo scritto del legislatore viene fedelmente rispettato, ma tale compito non spetta al sottoscritto. Spetterebbe agli organi di vigilanza ma, soprattutto, ai lettori dei giornali. Non è di mia competenza analizzare se stiamo vivendo un periodo in cui l’informazione libera ed indipendente da ogni qualsivoglia pressione esterna stia fornendo lo spunto per avere, effettivamente, dei valori fondamentali ovvero, come sopra riportato, una società e un convivere civile migliori. Non è nemmeno mia intenzione procedere a tale disamina.

E’ mia decisa ed imprescindibile, da ogni sollecitazione esterna, volontà lavorare e rispettare, in ogni momento, le aspettative di coloro che, leggendo i miei articoli, possano essere sicuri di un fondamento a cui faccio, quotidianamente, riferimento: onestà intellettuale.

Il diritto-dovere di cronaca impone il riporto di ogni notizia attendibile o meno ma qualora fosse riportato un corollario oppure un teorema che possa far pensare a “qualcosa che viene ricevuto, come un dono, un profitto, il frutto di un’imposizione”, stiate certi: le mie osservazioni viaggiano su binari (magari scomodi e disagevoli per molti aspetti) che mai si uniranno a facili percorsi non facenti parte del mio modus vivendi alla stessa stregua del modo comportamentale osservato dai colleghi che ricalcano la via sopraindicata.

Vincenzo Vitiello

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