Parole della lingua napoletana, quasi dimenticate
LANCELLA
La parola lancèlla (o anche langèlla) significa brocca, vaso di terracotta per portare acqua e deriva dal latino lancula, diminutivo appunto lancella.
Oltre che per portare era anche usato per attingere acqua dal pozzo.
Comunemente la lancella era un vaso di terracotta a due manici, con una apertura (bocca) piccola se era usata per il trasporto e la vendita di acqua, ma anche vino; se era usata per attingere dai pozzi la apertura era più grande.
Il termine è usato nella canzone FENESTA VASCIA:
“< Vorría addeventare no picciuotto,
co ‘na langella1 a ghire vennenn’acqua,
pe mme ne jí da chisti palazzuotte.
Belli ffemmene meje, ah. Chi vo’ acqua.
Se vota ‘na nennella da lla ‘ncoppa:
“Chi è ‘sto ninno ca va vennenn’acqua?”
E io responno, co parole accorte:
“So’ lacreme d’ammore e non è acqua”.>”
Fenesta vascia è tratta da una canzone popolare napoletana molto antica, risalente probabilmente al XIV o al XVI secolo. La tesi che la colloca verso il XIV secolo, quindi durante il dominio Angioino e non spagnolo, è sostenuta dalla presenza di alcuni francesismi e siculismi nel testo (come picciuotto). All’inizio del 1800, Giulio Genoino riadattò le parole al napoletano dell’epoca; ai versi si aggiunse la musica di Guglielmo Cottrau che la pubblicò nel 1825.
Tra le diverse interpretazioni del brano, ricordiamo quelle di Consilia Licciardi, Giulietta Sacco, Roberto Murolo, Milva, Sergio Bruni, Mango e Massimo Ranieri (abbiamo scelto quella in coppia con Giorgia).
Alcuni modi di dire e un proverbio sono legati a lancèlla :
chiovere a lancelle > piovere a catinelle;
parè ‘na langella> porsi con le mani ai fianchi in atteggiamento di minaccia;
tanta vote va ‘a lancella into ‘o puzzo nsì ca nce resta ‘a maneca> chi si aggira sull’orlo del precipizio finisce per cadervi dentro.