Parole della lingua napoletana, quasi dimenticate

UOSEMO

Uosemo  deriva dal greco antico ὀσμή (la cui pronuncia è osmé), che significa fiuto, odore. In spagnolo osmar , in portoghese usmar da essi  nasce  l’italiano usmare, vocabolo ormai inutilizzato e che significa odorare. Come ce lo spiega il vocabolario Treccani:” La parola, che ha corrispettivi in molte parlate dialettali qui e là per l’Italia (si va dal calabrese settentrionale osimare al lombardo usmà), è di diffusione regionale, ma va detto che nella letteratura ha i suoi estimatori senza declinazioni localistiche. Leggendo la voce usmare nel Grande dizionario della lingua italiana di Salvatore Battaglia, scopriamo che il verbo è stato usato da Carlo Emilio Gadda (nel romanzo La cognizione del dolore) e, più di recente, da Stefano Benni, nel significato per l’appunto di ‘odorare, fiutare’.

Certo, l’uosemo  è tipico degli animali – si pensa subito ai cani da caccia, a quelli da tartufo, ma anche ai moderni cani poliziotto, anti droga e altro.

In generale, l’uosemo è un odore sgradevole, magari non molto forte. “Sentire l’uosemo” può significare, invece, subodorare qualcosa di negativo o di nascosto, come dire in italiano “questa cosa mi puzza”. In una commedia di Eduardo (Questi fantasmi) il portiere dice : ” Quanno adduraie il fieto del miccio”

La  interpretazione della parola cambia a seconda di come viene usato, del contesto o della frase, si può dire che, in generale, l’“uosemo” è un odore sgradevole, magari non molto forte. “Sentire l’uosemo” può significare, invece, subodorare qualcosa di negativo o di nascosto, come dire in italiano “questa cosa mi puzza”. “E’ gghiut’ ‘a uosemo” si dice quando qualcuno sceglie in base all’istinto, l’italiano “andare a naso, ad intuito”.

 

 

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